Incontri di Lectio Biblica

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SECONDO INCONTRO

ISAIA 54

LA CONSOLAZIONE COME NUOVA ALLEANZA

 

1Giubila, o sterile,                                tu che non hai partorito,

prorompi in giubilo e urla,                    tu che non hai provato le doglie,

               perché più numerosi                           sono i              FIGLI della desolata

                                                                           dei                    FIGLI della sposata,

                                                                                                                        dice il Signore.

2Allarga                       lo spazio della tua tenda

e siano distesi             i teli delle tue dimore              - non fermarti –

allunga                        le tue corde

e rafforza                    i tuoi pioli

3            perché      a destra e a sinistra ti espanderai;

                               la tua discendenza erediterà nazioni

                               e città desolate popoleranno.

4Non temere                             poiché non proverai vergogna,

e non sentirti umiliata,              poiché non sarai confusa;

         perché              la vergogna della tua giovinezza       dimenticherai

         e                       il disonore della tua vedovanza         non ricorderai più

5        perché             chi ti sposa è il tuo artefice,

                                                          Signore degli eserciti è il suo nome,

                                 chi ti riscatta è il Santo di Israele,

                                                          Dio di tutta la terra è chiamato;

6         poiché            come una donna abbandonata e afflitta nell’animo

                                 il Signore ti ha chiamato

           e                    come la donna della giovinezza quando è rigettata

                                                                                                                  dice il tuo Dio.

7Per un breve momento                            ti ho abbandonata

ma con grande misericordia          ti radunerò;

8in un impeto d’ira                        ho nascosto il mio volto

                                                     per un momento da te,

ma con fedeltà eterna                  HO AVUTO MISERICORDIA di te,

                                                                                                           dice il Signore che ti riscatta.


 

Meditazione

 - Il mese scorso abbiamo accolto la parola di consolazione del Signore (Consolate, consolate il mio popolo…) e abbiamo considerato come la consolazione di Dio non sia una semplice pacca sulle spalle alla maniera umana, ma il principio di una nuova creazione. Dio, consolandoci, ci ricrea, ci fa passare da una situazione di morte ad una di vita, da una situazione di schiavitù ad una di libertà.

 

- Quando Dio ci consola, dicevamo, ci mette l’anima ma anche il corpo. Tanti termini corporali si riferivano nel cap. 40 al Signore: la bocca, perché la consolazione è come un respiro attraverso il quale Dio dispiega la forza dei suoi sentimenti; la mano e il braccio perché la consolazione è il tocco della sua grazia che ci guida verso la pienezza dell’amore; il petto, su cui poggiare il capo, perché la consolazione si manifesta come tenerezza che dà ristoro allo stanco.

 

- Oggi vogliamo fare un balzo in avanti e passare dalla lettura di Is 40 a quella di Is 54. Due motivi giustificano questa scelta.

Siamo alla conclusione dell’anno liturgico e la Chiesa ci invita a guardare alla fine della storia, che per noi cristiani non significa tanto conclusione quanto compimento, pienezza, cioè il tendere della storia universale e personale verso il suo fine ultimo, la perfezione dell’incontro con Dio.

Il testo di Is 54 contiene questa idea di compimento e di pienezza, non solo perché si pone alla fine del Secondo Isaia e raccoglie il frutto maturo dell’esperienza del profeta come un mare in cui confluiscono tutti i fiumi, ma soprattutto perché qui si vede e si comprende perfettamente cosa sia quella consolazione annunciata fin dall’inizio.

La consolazione è una realtà totalmente nuova, inimmaginabile per l’uomo, che neanche il predicatore più santo e convincente avrebbe saputo trarre dal suo cilindro (cioè dalla sua esperienza spirituale, mistica) se non fosse stata rivelata da Dio. La consolazione è la nuova ed eterna alleanza di Dio con l’uomo. Cerchiamo dunque di capire in cosa significhi nuova ed eterna alleanza, una realtà di cui solo Dio è capace, attraverso la lettura del testo.

 

- I vv. 1-3 annunciano una nuova maternità e una nascita in qualche modo prodigiose. Tre verbi invitano a gridare di gioia. In particolare, il terzo, tradotto con urla, significa anche “nitrire” e indica perciò una contentezza tutta istintuale, quasi scomposta, che non ha freni. Il profeta, cioè, non invita a dare libero corso ai propri istinti come cavalli imbizzarriti, ma ad esprimere finalmente un grido liberante, una gioia piena senza se e ma, senza condizioni.

Che bello! Quand’è stata l’ultima volta che ti sei sentito così amato…da fare lo scemo, come S. Filippo Neri che andava in giro per Roma rasato solo da un lato, lanciando il cappello in aria e urlando “Gesù”… Una gioia che nessuno ti può più togliere.

 

- È una sterile che viene invitata a gridare. Una donna, cioè, che non ha mai urlato veramente perché non ha mai provato le doglie del parto, con quel grido che è un misto di dolore, liberazione, esultanza. La sterilità è la condanna ad un muto silenzio, soprattutto nell’antichità, quando la donna acquistava dignità e stima sociale solo in quanto madre di molti figli. Adesso l’esultanza e il grido di gioia si oppongono alla tristezza e al mutismo.

 

- Attenzione, però. Parlare di questa donna, che è Gerusalemme, come di una sterile, sembra strano perché, se leggiamo il cap. 49 o il cap. 51, noi vediamo che ella ha dei figli. Qui la sterilità indica da un lato la sterile realtà dell’esilio. Forse i nemici di Gerusalemme, vedendo la città sconfitta e i suoi abitanti esiliati a Babilonia, le affibbiavano questo nomignolo in segno di disprezzo. A parte questo, l’esilio è una realtà di sterilità, di desolazione, in cui Gerusalemme è talmente sfigurata da guardarsi allo specchio e non riconoscersi più come madre. Il motivo si chiarisce dopo: sente lontano Dio, che per un momento ha nascosto il suo volto.

Se tu non trovi Dio, non ti ritrovi in Lui, perdi di vista anche te stesso.

 

- Dall’altro lato, il rovescio della medaglia. Sterilità ci fa pensare a Sara, moglie di Abramo, e poi Rebecca, Rachele. Il loro grembo, prima sterile, viene reso fecondo da Dio. Questo richiamo al passato, alle matriarche, non è un mettere un dito nella piaga (“La tua sterilità è degna di Sara, Rebecca, o Rachele!”), ma è una promessa di vita, l’annuncio di un nuovo inizio totalmente inaspettato. Quanto è accaduto allora si realizzerà ancora: una discendenza numerosa.

Pensate a quando una circostanza triste della vita si è trasformata in occasione della visita di Dio. Non c’è realtà che non sia visitabile e sanabile da Dio. Non pensiamo che ci siano delle situazioni in fondo alle quali Dio non arriva, a meno che non siamo noi ostinatamente ad escluderlo.

 

- C’è qualcosa di più, però. La novità delle novità non è che la desolata avrà dei figli, ma avrà più figli della sposata. Sapete perché questo accade? Perché il nuovo sposo di questa donna, di questo popolo, non è un uomo qualsiasi, ma Dio in persona, cioè la vita che esplode, la fecondità perenne dell’essere. E Dio qui manifesta un modo nuovo di essere Sposo. Nell’AT sposo si può dire baal, che significa anche padrone. E Dio ha dovuto comportarsi da baal, da padrone, quando ha dovuto correggere il popolo peccatore attraverso la punizione dell’esilio; adesso è finito il tempo della punizione, è iniziato il tempo della gioia senza fine e Dio non è baal ma misericordia.

 

- L’immagine della tenda che si allarga serve ad esprimere questa vita che cresce, questo grembo che diventa sempre più accogliente.

Il mio cuore è questo spazio che si dilata? Quanta gente accoglie? Chi accoglie? Da un alto la tenda è simbolo di fragilità perché può essere abbattuta facilmente dal nemico o dal vento, smontata rapidamente. E sappiamo che il nostro cuore è fragile. Una parola pronunciata da una persona che stimiamo ci butta a terra, ci polverizza. Qui però la tenda è rafforzata, è resa stabile, perché nella tenda – ricordate la tenda del convegno con Aronne e i suoi figli – Dio abita. Il nostro cuore, per quanto fragile, è abitato da Dio che, se lo fai dimorare, allarga lo spazio, ti rende più grande, dilata i tuoi orizzonti.

 

- Ecco che i figli della desolata abiteranno città desolate.

Con Dio i conti tornano alla fine. Gli stessi luoghi prima in rovina vengono riabitati. La novità radicale che Dio porta integra, non rinnega il passato. Quello che la vita ti toglie, poi Dio te lo restituisce moltiplicato.

 

- I vv. 4-6 spostano l’accento dalla madre alla sposa. È chiaro che i due motivi sono collegati, nel senso che il primo è determinato dal secondo. Bellissimo l’appello a non temere. L’uso teologico di questa formula di conforto si riscontra principalmente in tre ambiti. In contesti di guerra santa, nei quali Yhwh assicura la sua presenza e assistenza a favore del popolo contro i nemici; in occasione di manifestazioni teofaniche; all’interno di oracoli di salvezza per Israele.

Non aver paura delle novità che io porto nella tua vita, perché sono delle novità di bene. La paura in fondo è un sentimento e il Signore te lo toglie abbastanza facilmente.

 

- Si parla molto di vergogna e disonore, che scaturivano per Gerusalemme dalla mancanza dello sposo. Nella Bibbia quando Dio salva toglie la vergogna. Dimenticare la vergogna vuol dire sperimentare la salvezza.

Ho conosciuto persone che hanno commesso degli errori, anche gravi, che se ne vergognano, ma non riescono a liberarsi di questa sensazione. Il Signore ci ha liberato perché restassimo liberi!

 

- Vediamo come Dio toglie la vergogna, come libera e salva. Lui si riprende questa sposa. Se la riprende anche se Lei se ne era andata d un altro perché aveva peccato (cf. Os 2).

Il Signore ci riprende, ci raccoglie, anche se lo abbiamo tradito, se abbiamo perso la nostra integrità, se abbiamo concesso i nostri favori ad altri.

 

- Lui non solo sposa Gerusalemme, ma crea la sua stessa sposa. Ci riplasma, ci fa belli, degni di Dio. Ci viene detto il suo nome, Dio si rivela, si rende accessibile. Il suo volto non è più nascosto. Egli ci riscatta. Io sono il tuo redentore. La radice esprime l’idea di riscatto, recupero rispetto a quattro situazioni: un parente finito in schiavitù; le proprietà perdute a causa della povertà; un familiare ucciso e da vendicare; la vedova il cui marito è morto senza lasciare figli. In tutti questi casi il parente stretto, il goel, interviene per riscattare le proprietà alienate e le persone venutesi a trovare in schiavitù; per rendere giustizia al sangue innocente mediante la vendetta; per dare una discendenza al consanguineo defunto senza figli per mezzo del matrimonio. Il dovere di riscattare si fonda sull’appartenenza di una persona o di una proprietà ad un determinato clan familiare.

Dio ci riscatta perché siamo i suoi parenti più vicini, facciamo parte della sua famiglia.

 

- Nuova ed eterna alleanza. L’esilio ha rotto questa relazione; per colpa di Israele si è consumato un divorzio. Un breve momento nello scenario della storia, ma una breve scossa di terremoto può essere di tale intensità e così dirompente per un edificio da rendere impossibile un semplice restauro ed esigere una nuova fondazione.

L’amore di Dio ci rifonda, ci rinnova, anche quando abbiamo la sensazione di aver rovinato tutto.

 

- Nuova alleanza vuol dire per sempre, vuol dire sovrabbondanza, vuol dire nuovo inizio, vuol dire perdono gratuito, vuol dire Gesù Cristo che viene, Lui è la nuova ed eterna alleanza di Dio con l’uomo e dell’uomo con Dio perché Lui è il Dio che si fa l’uomo.

 

- La nuova alleanza è un intervento di Dio nell’intimo dell’uomo, è la presenza di Cristo nel cuore dell’uomo.

 

 

 

Per la Riflessione Personale

 

  • Quand’è stata l’ultima volta che mi sono sentito così amato…da urlare di gioia?
  • Penso ad una circostanza triste della vita che si è trasformata in occasione della visita di Dio.
  • Ho paura delle novità che Dio suscita nelle mia vita?
  • Riesco a perdonarmi?
  • Da dove ripartire all’inizio di un nuovo anno liturgico? Da quale parola di consolazione?


   
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