Incontri di Lectio Biblica

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TERZO INCONTRO

Il Servo di Yhwh, colui che porta su di sè il peccato e il dolore del popolo, è la figura che più di ogni altra ci aiuta a comprendere il senso e la portata del sacrificio di Gesù sulla croce. La vicenda di questo personaggio getta una luce nuova sul mistero del male che si trasforma, per chi si fida di Dio, da tentazione di disperazione e maledizione in occasione di solidarietà e via di salvezza.

Isaia 52,13-53,12

13 Ecco, avrà successo il mio servo,

si innalzerà, sarà elevato e sarà alto molto.

14 Come molti furono sconvolti per te                                                    (2Sam 13,20)

– così sfigurato per essere d’uomo era il suo aspetto                          (Gen 18,28)

e la sua forma diversa da quella dei figli dell’uomo –                                          Esaltazione. Parla Dio

15 così egli aspergerà (si meraviglieranno di lui) molte nazioni,        (Es 29,21; Lv 4,6)

i re davanti a lui chiuderanno la loro bocca,                                          (Gb 29,9; Sal 107,43)

poiché quello che mai fu raccontato loro vedranno

e quello che mai udirono comprenderanno.

1 Chi ha creduto alla nostra notizia?

E il braccio del Signore a chi è stato rivelato?

2 E' cresciuto come un virgulto davanti a lui                                          (Is 11,8)

e come una radice da terra arida.                                                            (Is 11,10)

Non aveva forma né splendore                                                                 (Ez 16,14)

perché lo guardassimo e non aspetto perché lo desiderassimo.                       Evocazione. Parla la comunità

3 Era disprezzato e rinnegato dagli uomini,                                            (1Sam 17,42)

uomo dei dolori e conosciuto dalle sofferenze,

come uno davanti al quale ci si nasconde il volto,

disprezzato e non lo considerammo.

 

4 Eppure delle nostre sofferenze egli si è caricato,                               (Gb 33,19)

i nostri dolori si è addossato

mentre noi lo consideravamo

colpito, percosso da Dio e umiliato.

5 Egli è stato trafitto per i nostri delitti,

schiacciato per le nostre iniquità.                                                                             Comprensione della comunità

Il castigo che ci rende la pace fu su di lui;                                               (Nm 6,26)

per la sua ferita noi siamo stati guariti.                                                   (Gen 4,23; Sal 38,6)

6 Noi tutti come un gregge erravamo,

ognuno di noi seguiva la sua strada;

e il Signore ha fatto ricadere su di lui l' iniquità di noi tutti.

 

7 Maltrattato, si lasciò umiliare

e non aprì la sua bocca;                                                                               (Ger 11,19; Sal 39,10)

come agnello condotto al macello

e come pecora che di fronte ai suoi tosatori è rimasta muta,

non aprì la sua bocca.

8 Dall’oppressione e dal giudizio fu portato via,

e la sua generazione chi la considerava?                                                                    Evocazione. Parla la comunità

Poiché fu strappato dalla terra dei viventi,

per l' iniquità del mio popolo egli ebbe il colpo.

9 Fu posta con i malvagi la sua tomba,

e con il ricco nella sua morte,

perché non fece violenza

e non c’era inganno nella sua bocca.

 

10 Ma il Signore ha voluto schiacciarlo, renderlo malato.

Se offrirà se stesso in espiazione                                                                 (Lv 7,5)

vedrà una discendenza, prolungherà i giorni,

e la volontà del Signore per mezzo suo si compirà.

11 Dopo il suo tormento vedrà, si sazierà,

con la sua conoscenza il giusto mio servo giustificherà molti,                                Esaltazione. Parla Dio

e le loro iniquità egli si addosserà.                                                               (Es 28,38; Lv 16,22)

12 Perciò io gli darò la sua parte tra i grandi,

e con i forti avrà parte al bottino,                                                                 (2Sam 3,22)

dato che ha versato se stesso alla morte

ed è stato annoverato con i malfattori,

mentre il peccato di molti egli portava

e per i malfattori intercederà.

Meditazione

 

- La nostra è una fede pasquale. Anzi, l’esistenza cristiana è un mistero pasquale vivente.

 

- Vogliamo scavare nelle pagine della Scrittura e soffermarci su una figura che può aiutarci a comprendere il Cristo della Pasqua. È il Servo sofferente, di cui parla il Secondo Isaia. Sapete che esistono i cosiddetti quattro canti del Servo di Yhwh. Non ci interessa qui sapere se è una persona storica del tempo del profeta o se è la comunità stessa. Il servo porta la Parola di Dio, efficace come una spada affilata, a tutte le nazioni, di cui egli è luce; ascolta diligentemente per parlare ai poveri e ha fiducia in Dio, intercede per gli altri. Ma è soprattutto l’uomo della sofferenza.

 

- Questa sofferenza è diversa da quella del giusto nei Salmi, ove è vissuta nella fiducia di un intervento favorevole del Signore al momento opportuno; è diversa dalla sofferenza di Giobbe, priva di un respiro comunitario (Giobbe è solo nella sua sofferenza, non è capito dai suoi amici), e anche da quella di Geremia, che nelle difficoltà è spesso ribelle (Ger 20: “La parola del Signore è diventata per me motivo di obbrobrio e di scherno ogni giorno. Mi dicevo: Non penserò più a lui, non parlerò più in suo nome!”).

 

- La sofferenza del Servo è strettamente legata al suo ruolo di annunciatore della Parola, è la conseguenza della fedeltà alla sua missione; egli è perseguitato perché il suo messaggio incontra il rifiuto degli ascoltatori. Il Servo è profeta non tanto per quel che dice, ma soprattutto per quel che soffre. Il dolore che vive non è solo invito all’umiltà (il dolore – statene certi – rende più docili e meno spavaldi, persone migliori), o segno della transitorietà di questo mondo (di per sé il dolore è imperfezione e questo mondo non è perfetto), o mezzo di educazione, ma espressione della solidarietà con gli uomini (il Servo si fa carico delle colpe degli uomini, porta i loro pesi). Emerge quindi una figura di alto profilo spirituale, capace di riconciliare gli uomini tra di loro e con Dio, proprio perché la sofferenza, vissuta per amore e offerta a Dio, unisce, fortifica, getta un ponte tra cielo e terra.

 

- L’inizio e la fine contengono una promessa di salvezza: “avrà successo il mio servo” (52,13); giustificherà il mio servo molti (53,11).

Tra questi due estremi c’è una progressione: da un successo personale a un vantaggio recato a tutti. Il bene, quello vero, non comporta solo un vantaggio per chi lo riceve e per chi lo compie; coinvolge gli altri, si ripercuote su tutti indistintamente.

 

- In mezzo c’è tutto il cammino di sofferenza del Servo visto con gli occhi di una comunità che dichiara ora di capire il valore di una vita immersa nel dolore: quel dolore non è stato punizione ma causa di salvezza.

 

- Servo. Il termine “servire” può racchiudere significati opposti a seconda della persona o della realtà al cui servizio ci si pone. Servire il potente di turno è utile ma non è liberante; servire una causa è meritorio ma può sconfinare nell’ideologia a cui spesso si sacrificano le persone. Per Israele la schiavitù più dura e umiliante è stata la soggezione al faraone… Giosuè dice al popolo in un momento di crisi: “Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire: se gli dèi che i vostri padri servirono oltre il fiume oppure gli dèi degli Amorrei, nel paese dei quali abitate. Quanto a me e alla mia casa, vogliamo servire il Signore” (Gs 24,15). Anche oggi abbiamo davanti a noi un’alternativa: servire il Signore o gli altri dèi? La differenza è che il Signore non ci chiama più servi, ma amici.

 

- Nel nostro testo il servizio è nei confronti di Dio (“mio servo”), sulla scia del servizio di Abramo, Mosè, Davide, i profeti.

 

- v. 14. Il verbo ~MV (šmm) denota lo sbigottimento davanti a una distruzione o ad una tragedia. In 2Sam 13,20 indica lo sconvolgimento di Tamàr, figlia di Davide, che è stata violentata dal fratello Amnòn. Qui il motivo dello spavento è l’aspetto sfigurato del Servo: “da non sembrare uomo, con l’aspetto non più umano”. “Sfigurato” deriva dalla radice TXV (šht). In Es 21,26 si usa per un occhio danneggiato; in Ger 13,7 per una cintura marcia; in Ger 18,4 per un vaso guasto; in Pr 25,26 per una sorgente inquinata; in Mal 1,14 per un animale difettoso e inadatto al culto. Tanti uomini nell’AT erano emarginati perché sfigurati dalla sofferenza. Difatti essi non erano considerati come esseri normali: per questo destavano paura.

Vedete come il testo all’inizio ci fa quasi toccare il fondo dell’angoscia umana, ci suscita sensazioni tra le più orribili. Non ci risparmia niente perché niente è stato risparmiato al Servo.

 

- v. 15. Ma proprio quest’uomo, che desta sentimenti di angoscia e paura, aspergerà molte nazioni. Se qui leggiamo il verbo HZN (nzh), allora vengono richiamate le funzioni sacerdotali: in Es 29,21 Mosè spruzza il sangue dell’ariete immolato su Aronne, i suoi figli e i loro vestiti e li consacra sacerdoti. Il verbo ritorna anche quando si parla del sacrificio per il peccato fatto dal Sommo Sacerdote che ristabiliva l’amicizia tra l’uomo e Dio.

 

- Proprio questa “feccia” di umanità ci riconcilia con Dio, ci salva. È abituale tra gli uomini pensare che Dio stia con i forti, con i vincitori. Eppure non è così: Lui sta con i deboli e si serve dei deboli.

Attenzione a non correre dietro alla gente che conta e che per questo ci affascina. Oggi come ieri, sono i sofferenti che hanno qualcosa da dirci; dietro loro dobbiamo correre. Andare a scuola del malato. Non perdere neanche una sua parola, perché è oro colato, parola provata al fuoco e per questo parola sapiente.

 

- Nella Bibbia l’uomo ammutolisce o perché la sua parola è stroncata dal castigo, dalla paura, o perché si stupisce dinanzi all’agire gratuito e sorprendente di Dio. Quello dei re è un silenzio pieno di ammirazione. In Gb 29,9 gli anziani si alzano e smettono di parlare in segno di rispetto alla vista di Giobbe. In Sal 107,43 e Gb 5,16 è l’ingiustizia che chiude la bocca quando la giustizia trionfa. Anche il Servo tace, ma dovremo capire il valore del suo silenzio.

 

v. 2. “Virgulto/bambino/lattante, e radice ” compaiono in Is 11,8.10, dove si parla del piccolo che si diverte vicino la buca della vipera e mette la mano nel covo del serpente velenoso, e della radice di Iesse che diventa la bandiera dei popoli. L’immagine del bambino, in particolare, che non ha paura del pericolo, rappresenta quella umanità nuova e realizzata, in pace col creato, che il Messia inaugurerà. Allora non solo il Servo cresce e matura sotto lo sguardo di Dio, ma la sua sofferenza offerta farà crescere l’umanità, immetterà energie nuove e positive, restituirà l’innocenza perduta, farà innalzare il livello di santità degli uomini. È la sofferenza, spesso sconosciuta e silenziosa, che rinnova il mondo.

 

- La bellezza fisica nell’AT è segno di benedizione. Ez 16,14 parla della trovatella raccolta da Dio, lavata e vestita come una principessa, resa talmente bella che la sua fama si diffonde ovunque. Ma qui il profeta ci fa intravedere una bellezza ancora più splendente, quella della croce.

 

- v. 3. 1Sam 17,42. Il disprezzo per il Servo è come il disprezzo di Golia per Davide. Il disprezzo di chi si crede superiore e pensa di non aver mai bisogno di quella persona. Il posto migliore per il Servo non è tra gli ammirati, ma tra i disprezzati: quella è la parte migliore che si è scelto.

 

- v. 4. BAAK.M; (mk’wb) Dolori è di solito in senso fisico; questo termine indica l’essere esausti. Data la connessione nell’AT tra malattia e peccato, il Servo sembra aver meritato questa sofferenza. Infatti la comunità un tempo considerava le sue sofferenze come segno della punizione di Dio. “Eravamo ciechi; ora invece capiamo che i suoi dolori derivavano dalla docilità a un misterioso disegno di Dio che noi avversavamo”. Finalmente qui è espresso il cammino di una vera conversione.

 

- Il Servo supera le più alte figure dell’AT: in nessun passo prima si era visto un amico di Dio soffrire fino a questo punto per colpa di altri, sopportare i loro peccati con tanta pazienza.

 

- v. 5. HR'WBx; (hbwrh) significa piaga, ferita, livido. Non solo è superata la vendetta che portava Lamec a uccidere per un livido (Gen 4,23), o anche la legge del taglione (Es 21,25), ma il dolore subìto viene offerto a Dio proprio a favore dei persecutori e porta la pace.

 

- La pace che noi abbiamo dentro e fuori di noi non nasce dal nulla, ma è frutto di quello stile di non violenza e di amore che il Servo-Gesù ha inaugurato sulla terra insegnando agli uomini a non assecondare i loro istinti omicidi.

 

- v. 7. La volontà di non rispondere ad accuse ingiuste, come l’assenza di qualsiasi attacco contro i nemici, rendono eloquente il silenzio del Servo. Questo silenzio dice la sua incrollabile fiducia in Dio che lo aiuta e difende. Che nel silenzio del Servo sia connotata la sua precisa e cosciente scelta di vita emerge dai suoi atteggiamenti passivi. Anche se in tutto il poema il Servo tace, emerge con sufficiente evidenza, proprio dal suo silenzio e dalle sue azioni narrate da altri, che egli è cosciente del senso positivo del sacrificio della sua vita. Il Servo tace perché lascia a Dio l’ultima parola. Sa che una reazione scatenerebbe altra violenza.

Quando hai fatto tutto quello che potevi per evitare il male, accettare la persecuzione significa entrare già in un’altra dimensione, che và oltre la giustizia umana; vuol dire entrare nella dimensione dell’eternità

 

- Ger 11,19: “Ero come un agnello mansueto che viene portato al macello, non sapevo che essi tramavano contro di me, dicendo: “Abbattiamo l’albero nel suo rigoglio, strappiamolo dalla terra dei viventi; il suo nome non sia più ricordato”.

Sal 38,14: “Io, come un sordo, non ascolto e come un muto non apro la bocca”.

Sal 39,10. “Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei tu che agisci”. È un silenzio simile a quello di Giobbe, che davanti alla manifestazione dell’Onnipotente si mette  la mano sulla bocca (Gb 40,4). Non è però un’atterrita accettazione dello strapotere insindacabile di Dio, è una positiva intuizione della superiore logica divina.

 

vv. 8-9. Si parla della morte e della sepoltura. Il testo non chiarisce se il Servo morì per una vergognosa malattia, o per violenza, o in seguito ad una condanna o esecuzione.

 

- v. 10. Il progetto di Dio riguarda una volontà di liberazione e di edificazione del popolo di Dio. Si può parlare di risurrezione? L’esaltazione del Servo è certa, avviene dopo la sua morte, ma non si può descrivere.

 

- Espiazione ~V'A'. (’šm) Lv 7,5. Sacrificio di riparazione. Qui significa obbligo derivante da una colpa, mezzo per riparare. Ci dice che qualcuno si interessa talmente ad altri da assumere in prima persona la responsabilità della loro colpa.

 

- v. 11. Si addosserà le loro iniquità. Quest’azione richiama due gesti relativi ad Aronne e al capro espiatorio. “Una lamina d’oro Starà sulla fronte di Aronne; Aronne porterà il carico delle colpe che potranno commettere gli Israeliti, in occasione delle offerte sacre da loro presentate. Aronne la porterà sempre sulla sua fronte, per attirare su di essi il favore del Signore” (Es 28,38).

“Il capro, portandosi addosso tutte le loro iniquità in una regione solitaria, sarà lasciato andare nel deserto” (Lv 16,22). L’idea di sostituzione contenuta in questi due passi in relazione ai peccati, è estesa per il Servo alle sofferenze e ai dolori.

 

- Allora da una parte c’è la dinamica del male. Sono l’innocenza e la fedeltà al progetto di Dio che fanno esplodere il male contro il Servo. Il bene che uno compie, da una parte contagia e coinvolge tanta gente; dall’altra attira l’invidia, la rabbia, il sospetto di altra, perché il bene disturba, si scontra con la stupidità delle persone, con la loro incapacità di vedere il guadagno collettivo che potrà derivare da un’iniziativa positiva. Certa gente combatte il bene solo perché non è stata lei a compierlo e ciò toglie visibilità, prestigio, dandolo ad altri. L’altro cresce, tu diminuisci. Domandiamoci se noi ci troviamo più spesso dalla parte di chi fa il bene e non viene capito, oppure dalla parte di chi soffre per il bene fatto da altri.

 

- Dall’altra parte c’è l’offerta. Perché il Servo si è dovuto sacrificare? Il male ha introdotto nel mondo un disordine oggettivo che poteva essere superato solo con un supplemento d’amore che fosse più forte del male stesso. Un amore più grande del male.

 

- Se non c’è una responsabilità degli uni verso gli altri, una disponibilità a portare gli uni i pesi degli altri, la prontezza a solidarizzare con gli innocenti ma anche con i colpevoli, non può attuarsi il sogno di una società nuova, quella che Dio vuole.

 

- Ci si può domandare perché il Signore permetta la sofferenza del Servo fino a questo punto. Ci possono aiutare due massime rabbiniche.

Il vasaio non fa prove su vasi incrinati, perché basta che li batta una sola volta perché essi si rompano; ma se egli prova sui vasi sani, può batterli molte volte, senza che essi si rompano.

Un padrone di casa aveva due mucche. A quale delle due deve mettere il giogo? Certamente a quella più forte. Alla stessa maniera il Signore mette alla prova il giusto.

 

- La vicenda del Servo ci suggerisce che il dolore innocente riceve una qualche luce, come un modo per spargere l’amore in un mondo di peccato; è la penultima parola dell’uomo ingiusto trasformata da Dio, con la collaborazione umana, in una vita riconciliata. Nel Servo il dolore unisce intimamente a Dio e contemporaneamente produce solidarietà con gli uomini; diventa il segno di una condivisione con l’altro, di un incontro a livello profondo, tanto più che il Servo poteva fare a meno della sofferenza. Pertanto il dolore, che è l’obiezione più forte all’esistenza o all’agire giusto di Dio, trova nella solidarietà una risposta illuminante.

È però una risposta che sfugge alla pura ragione ed è afferrabile in definitiva soltanto da quell’accettazione fiduciosa della testimonianza divina che è la fede.

 

- v. 12. Notate bene come il carico, cui si accenna nel v. 11, diventi il “bottino” nel v. 12. Dunque il carico si trasforma in insegna trionfale; il carico che il Servo ha sopportato fino ad essere schiacciato è il trofeo del vittorioso, “perché ha consegnato se stesso alla morte”( alla lettera: “ha denudato, ha sporto il collo”). Ciò che tu doni ti viene ridonato in abbondanza.

 

 

Riflessione Personale

 

Cosa ti colpisce di più dell’itinerario del Servo? Quale immagine o concetto?

 

In un mondo in cui si fa a gara a chi grida più forte, quando hai taciuto per lasciare a Dio l’ultima parola?

 

Come definiresti il rapporto tra Dio e il Servo?

 

Che tipo di legame esiste tra il Servo e la comunità? Ci si può veramente addossare il peccato/castigo/responsabilità di altri?

 

 

   
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