Quando l’esperienza della comunione è garanzia per accogliere la “sfida” educativa…

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Assisi_2010Ancora il caldo della nostra estate, si fa sentire prepotente, e con esso la stanchezza ma anche la pienezza di un tempo carico di vita, di dono, di esperienza; ed è di un particolare dono – profumato di “vita” e di “esperienza” - che si è caratterizzata l’ultima significativa “tappa” della nostra estate: un viaggio ad Assisi; un viaggio, che è stato simultaneamente anche un pellegrinaggio, una full immersion di studio, confronto, preghiera…, insomma: qualcosa dal “sapore” davvero speciale.

L’idea è nata da un’esigenza ormai pressante di tutti gli educatori della nostra parrocchia: scoprire – come responsabili delle due grandi associazioni presenti in parrocchia, AC ed AGESCI - la bellezza ma anche la responsabilità di vivere in modo concreto e reale la comunione nella Chiesa, condizione essenziale per saper accogliere la “sfida” sull’urgenza educativa oggi, sfida che il Papa Benedetto XVI ed i nostri Vescovi ci stanno consegnando e che caratterizzerà il progetto pastorale di tutta la chiesa italiana per il prossimo decennio. Guidati da d. Sasà Santoro, nostro parroco, abbiamo, così, vissuto cinque intensi giorni di confronto, studio, preghiera, programmazione.  Assisi_2010_04

 


Che bello, per noi, esserci sentiti “famiglia” – pur nella diversità dei nostri metodi educativi e delle nostre tradizioni associative – amici e fratelli “convocati” dal nostro parroco, primo formatore di tutti noi formatori; che dono aver potuto “godere” dell’opportunità della sua presenza, con noi e tra noi, della sua paternità, oltre che della sua competenza, per “imparare” ad essere Chiesa, prima ancora che gruppi, associazioni, movimenti! In 40 abbiamo, dunque, percorso ad Assisi le strade di Chiara e Francesco e sulle loro orme abbiamo costruito un percorso di meditazione e formazione dove il sapore della sfida (spesso, in molte parrocchie, AC ed AGESCI camminano su strade diverse, che raramente si sfiorano!) è diventato esercizio ed esperienza di servizio condiviso, consapevoli che (come sempre ci ripete d. Sasà) il primo servizio reso in una comunità parrocchiale è innanzi tutto il servizio alla comunione!

 



Educarsi per educare: è da qui che siamo partiti, mettendo, innanzitutto, a fuoco la “vocazione” di ogni educatore nella chiesa ad essere “collaboratore della gioia” di Gesù (cfr. 2Cor 1,24), in cammino verso una santità bella e possibile, per saper accogliere, ed insieme custodire, i sogni e la vita dei ragazzi che Egli ci affida. D. Sasà ha declinato il tema di fondo (educarsi per educare) in quattro tappe, coniugando il messaggio di Francesco con i capitoli 5-7 del Vangelo di Matteo, in modo particolare con la pagina delle Beatitudini:

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1) Educarsi ed educare al discernimento della volontà del Signore: siamo stati, così, introdotti al difficile ma stupendo mistero del discernimento (per noi e per i nostri ragazzi) del “sogno” di Dio, ed abbiamo contemplato la dimensione vocazionale del nostro servizio: educarci a scoprire la volontà di Dio nella nostra storia è davvero una grandissima passione. Tutto, nel servizio educativo, diventa vita, in un continuo dialogo tra noi e la storia dei nostri ragazzi, tra noi e tutto il mondo che c’è dietro di loro, dietro i loro sogni, spesso non custoditi, difficilmente coltivati, se non, addirittura, infranti! Abbiamo capito che essere educatori significa essere “la matita” di cui Dio si serve per scrivere pagine di storia di salvezza nella storia di ogni uomo; questo primo momento lo abbiamo vissuto a Santa Maria degli Angeli - ormai da anni luogo di accoglienza di numerosi giovani che, affiancati da frati e suore consacrati a Dio a Francesco, s’interrogano sul proprio progetto di vita, o, per dirla con le parole di S. Francesco a “… fare ciò che sappiamo tu vuoi” - ma soprattutto nella suggestione del silenzio del convento di S. Damiano, lì dove la voce di Dio ha cambiato la vita di Francesco educandolo ad un abbandono coraggioso.

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2) Educarsi ed educare alla riconciliazione ed al perdono, tema difficile da vivere e testimoniare. Noi che spesso facciamo fatica a divenire “misericordiosi”, abbiamo lasciato che le ginocchia si piegassero e l’anima si abbandonasse alla preghiera nella semplicità disarmante della Porziuncola.

Eravamo lì per chiedere il dono della pace del cuore, lì dove le pietre ancora profumano di perfetta letizia e di stupore: quella piccola costruzione ricevuta da Francesco per dono, diventava anche per noi tempio del perdono di Dio: non si può essere educatori nella chiesa senza l’esercizio (faticoso ma rigenerante!) del perdono condiviso, offerto, ricevuto! Ci è quasi sembrato che …la perfetta letizia, a cui siamo chiamati come formatori, fosse la gioia dell’abbraccio benedicente di un Dio che è Padre; abbiamo deposto sull’altare di quella Cappellina il nostro desiderio di educare i nostri ragazzi alla bellezza del perdono, garanzia di una gioia duratura (magari dopo un grande dolore!) gioia che non passa attraverso l’oblio, ma attraverso l’esperienza della riconciliazione.

Educare al perdono – ci ha ricordato d. Sasà – è testimoniare il perdono; significa innanzitutto averlo sperimentato; troppa gente parla d’Amore, in tanti di perdono; noi nella Chiesa abbiamo un compito ben preciso: parlarne perché lo abbiamo vissuto.

 

3) Educarsi ed educare all’essenzialità ed alla povertà, quella vera!

Francesco ha amato una vita senza sovrastrutture, fatta di povertà, di austerità, di silenzio.

Assisi_2010_24Ed è all’Eremo delle Carceri che, da educatori, abbiamo riscoperto il senso del “prenderci cura gli uni degli altri”, ma anche della responsabilità e del coraggio di spogliare la nostra vita dai fronzoli del benessere, dalla cura dei particolari estetici, dalla forma, dalla maniera; vivendo la povertà (d. Sasà ci ha “provocati” chiedendoci di …”sposare Madonna Povertà”!) impariamo a cogliere, leggere, decodificare i bisogni (quelli veri!) della nostra comunità parrocchiale e della nostra città.

Educare alla povertà non è cosa da poco, una povertà che diventi esercizio di verità, nelle relazioni e nel quotidiano. Educare alla povertà significa aver compreso ciò di cui giovani hanno realmente bisogno e “rilanciare” (ce lo ha ricordato con forza d. Sasà!) offrendo loro una proposta più alta che… dalla ricerca del benessere conduca alla gioia di …. essere nel Bene! Davvero: l’alto di una proposta educativa passa attraverso l’infinitamente piccolo della povertà!

 

4) Educarsi ed educare alla scoperta dell’Assoluto di Dio nella consegna di sé; è esperienza che non potevamo non fare nella grandezza di un posto come il monte della Verna, dove l’incontro di un Dio Assoluto passa attraverso le ferite (e le feritoie) della solitudine e dello smarrimento, del dolore di un anima che chiede presenza, che urla (come Francesco) il bisogno di “riacciuffare” un Dio che si nasconde! Su quel monte Francesco dà ancora voce Assisi_2010_30alle nostre anime, che spesso gridano rabbia, che urlano contro Dio, che fa la sua e non la nostra volontà! Ma “ è nel silenzio che ci è dato di ascoltare la Sua voce”(MadreTeresa di Calcutta), e allora comprendi che la presenza di Dio nella tua vita, passa anche attraverso il dolore, quel “segno temendo e sublime” di purificazione e di “respiro sovrannaturale” che sa mutare il tuo lamento in danza (cfr. Sal 29,12) la tua veste di sacco in abito di festa e ti fa dire, con Francesco: “Deus meus et omnia”!

Raccontare di questa esperienza ci aiuta a riviverla, a ripercorrere ancora una volta le strade di quella terra bellissima,che Francesco amava… La amava quando giovane, la viveva nelle frenesia e nell’ebbrezza delle feste vissute al castello della Rocca, quando coltivava l’ambizione di diventare cavaliere; la amava anche quando aveva visto infrangere il suo sogno; la amava quando la percorreva, in centro, con i suoi compagni, per incontrare i poveri, nella piazza del comune, al Vescovado, e poi giù per i boschi per una discesa ripida fino a San Damiano…

E allora provi a immaginarlo, lì che prega, che adora, che abbraccia quel Crocefisso.

Adesso tocca a noi: ad Assisi eravamo in tanti, AC ed AGESCI; eravamo ( e siamo) soprattutto Chiesa! Che bello aver cantato insieme “Alto e glorioso Dio”….

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