Incontri di Lectio Biblica

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QUINTO INCONTRO

Isaia 49,14-26

14 Sion ha detto: "Il Signore mi ha abbandonato, il Signore mi ha dimenticato".
15 Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai.
16 Ecco, ti ho disegnato sulle palme delle mie mani, le tue mura sono sempre davanti a me.
17 I tuoi costruttori accorrono, i tuoi distruttori e i tuoi devastatori si allontanano da te.
18 Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si radunano, vengono da te. "Com' è vero ch' io vivo - oracolo del Signore – ti vestirai di tutti loro come di ornamento, te ne ornerai come una sposa".
19 Poiché le tue rovine e le tue devastazioni e il tuo paese desolato saranno ora troppo stretti per i tuoi abitanti, benché siano lontani i tuoi divoratori.
20 Di nuovo ti diranno agli orecchi i figli di cui fosti privata: "Troppo stretto è per me questo posto; scostati, e mi accomoderò".
21 Tu penserai: "Chi mi ha generato costoro? Io ero priva di figli e sterile; questi chi li ha allevati? Ecco, ero rimasta sola e costoro dove erano?".
22 Così dice il Signore Dio: "Ecco, io farò cenno con la mano ai popoli, per le nazioni isserò il mio vessillo. Riporteranno i tuoi figli in braccio, le tue figlie saran portate sulle spalle.
23 I re saranno i tuoi tutori, le loro principesse tue nutrici. Con la faccia a terra essi si prostreranno davanti a te, baceranno la polvere dei tuoi piedi; allora tu saprai che io sono il Signore e che non saranno delusi quanti sperano in me".
24 Si può forse strappare la preda al forte? Oppure può un prigioniero sfuggire al tiranno?
25 Eppure dice il Signore: "Anche il prigioniero sarà strappato al forte, la preda sfuggirà al tiranno. Io avverserò i tuoi avversari; io salverò i tuoi figli.
26 Farò mangiare le loro stesse carni ai tuoi oppressori, si ubriacheranno del proprio sangue come di mosto. Allora ogni uomo saprà che io sono il Signore, tuo salvatore, io il tuo redentore e il Forte di Giacobbe".

MEDITAZIONE

Sul "Non ricordo o perdono", cf. Is 43,25; 64,8; Ger 34,31
- La scelta di questo passo prende le mosse dalla testimonianza di un giovane che da bambino era stato abbandonato dai genitori e che citava proprio Is 49,15: "Si dimentica forse una donna del suo bambino...anche se queste donne si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai". Una persona che ha sperimentato l'abbandono dei genitori fin dalla tenera età ma che ha scoperto in Dio una paternità e maternità più grandi.

- Alcune note introduttive circa la struttura del testo. Il brano è diviso in tre parti: vv. 14-20; 21-23; 24-26. Ognuna inizia con un'affermazione di Israele che suona come un lamento, uno sfogo, una protesta (è evidenziata in corsivo); segue un annuncio di salvezza: la risposta di Dio al lamento è una parola di salvezza.

- Gerusalemme parla per lamentarsi. Solo un attimo prima, il v. 13 proclamava la consolazione di Dio: "Giubilate, o cieli; rallegrati, o terra, gridate di gioia, o monti, perché il Signore consola il suo popolo e ha pietà dei suoi miseri". Che succede? Ti ho invitato a rallegrarti perché sono con te e ti consolo, e un attimo dopo mi accusi: "mi hai dimenticato". Quando la parola di Dio dovrebbe bastare a ridestare la fiducia, noi protestiamo perché ci sentiamo abbandonati. Il Signore ha detto che ti consola: fidati!
Quanti lamenti infantili nella nostra vita! È vero, gli psicologi dicono che non dobbiamo tenere tutto dentro, però dobbiamo imparare anche a sopportare offrendo. Ci sono persone a cui è "pericolosissimo" chiedere come và, perché cominciano con dei piagnistei...e a volte lo fanno solo per mestiere...Ci vuole un po' più di spina dorsale.

- A cosa ci fa pensare questa primo lamento "il Signore mi ha abbandonato?" Ci viene subito in mente quello che può essere considerato il grido più dirompente dell'umanità di ogni tempo (l'unico che forse squarcia le nubi), l'inizio del Sal 22: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato..."
È un'accusa rivolta a Dio, la protesta contro il suo silenzio. Se Dio ha abbandonato il salmista, ciò è qualcosa che mette in crisi tutto un sistema religioso, perché è radicata nell'AT la convinzione che Dio non abbandona i suoi fedeli (Sal 9:11: "Confidino in te quanti conoscono il tuo nome, perché non abbandoni chi ti cerca, Signore"; Sal 16:10: "Perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione"; ecc.). La colpa dell'attuale situazione di morte è attribuita a Dio, che non è fedele alle sue promesse. Ciò che per l'uomo biblico è insopportabile non è la sofferenza, ma il fatto che Dio lo abbia abbandonato, o che si senta abbandonato da Lui. Contro questo egli protesta.
Ancora oggi ciò che fa scandalo non è tanto la malattia, il dolore, ma la sensazione di essere stati maltrattati dal Signore, il quale ha distolto il suo volto permettendo o addirittura causando una sofferenza.

- Dal v. 15 al v. 20 abbiamo la risposta di Dio. + Cosa notate in questi versetti quanto all'uso dei verbi, prima ancora di guardare al contenuto? Molti verbi sono al futuro. Dio risponde con promesse. Ricordate Abramo. Gen 12:1: "Il Signore disse ad Abram: "Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò".
Dio risponde con promesse. È questo il modo che ha scelto per risponderci. Non sono le promesse dei politici, però... Avrebbe potuto scegliere di risponderci con un rombo di tuono, oppure, come in un miraggio, mettendoci sotto gli occhi la realtà da noi desiderata... ha scelto la promessa, chiedendoci, cioè, fiducia. La risposta di Dio richiede l'abbandono fiducioso alla sua promessa. Ecco perché il cristiano guarda sempre con speranza al futuro, perché il domani contiene già la promessa, la risposta di Dio.

- "Io non ti dimenticherò" non può essere oggetto di osservazione immediata, ma solo di abbandono fiducioso alla promessa di Dio.

- La replica di Yhwh, che comincia con una domanda retorica con cui si sottolinea che Egli non si dimentica di Sion (v. 15), insiste sul fatto che la città è stata sempre davanti ai suoi occhi (v. 16) ed ha come perno soprattutto l'annuncio dei figli nuovamente ritrovati.

- Il motivo dei figli va dal v. 17 al v. 25: è il più importante.

- Invece di un rimprovero per questa mancanza di fede, Dio manifesta il suo amore con una pazienza unica, oltre che con una immensa tenerezza. Avrebbe potuto dire: "non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire". Meno male che il Signore è paziente.

- In 40,26 in un altro momento di grande scoraggiamento, il profeta aveva invitato i suoi uditori abbattuti a fissare lo sguardo nelle stelle e, attraverso di esse, al creatore: "levate in alto i vostri occhi e guardate: chi ha creato quegli astri? Egli fa uscire in numero preciso il loro esercito e li chiama tutti per nome". Qui parla di una madre e del suo bambino. Nel momento in cui hanno perso tutto, queste due cose sono rimaste come realtà viva agli esiliati: le stelle in cielo e un bimbo nel seno della madre.
Quando hai la sensazione di non concludere niente o di aver perso tutto, guarda all'essenziale, le stelle sopra di te e una donna che aspetta un bambino davanti a te. Sono il segno di una realtà più grande della tua piccola crisi, di una vita che ti avvolge e dentro la quale tu sei compreso. Le stelle, l'infinito: e tu ne fai parte, ci sei dentro. Una madre: la fecondità di una vita che nasce e tu rinasci sempre perché la forza della vita è più grande della morte che forse sperimenti.
Credo che se ci educhiamo alla contemplazione di queste realtà paradigmatiche, capaci di comunicarci ciò che è essenziale, riusciremo a uscire dai nostri vortici.

- Gerusalemme si presenta come una sposa che protesta perché è stata tradita. La risposta di Dio ci sembra non adeguata, perché Sion si sta lamentando come una sposa tradita, per cui ci aspetteremmo che il Signore le dicesse: "non è vero, guarda che io sono uno sposo fedele". Invece il Signore si rivolge a Sion per dirle: "guarda che l'amore materno è costante e tu sei figlia". Gerusalemme si lamenta perché ritiene di essere una sposa abbandonata e il Signore la tratta come figlia. (p. Pino Stancari). Come risolviamo questo slittamento da un piano all'altro?

- Poi al v. 18 ancora sposa. Dopo che ti sei resa conto che sei frutto delle mie viscere, che Io ti sono madre, una volta che ti sei resa conto di essere figlia, allora guardati intorno e scoprirai che la tua identità di sposa non è negata, anzi esaltata (p. Pino Stancari).
Credo che il profeta voglia dirci una cosa. Per poter essere sposo/a, padre o madre dobbiamo prima essere figli. Prima di giungere alla maturità, che significa diventare responsabili di qualcosa e di qualcuno (la giusta aspirazione di ciascuno di noi) dobbiamo prima vivere bene da figli. Tu potrai vivere pienamente il sacramento della maturità cristiana (matrimonio, sacerdozio), se vivi bene il tuo battesimo.

-Dio dice a Gerusalemme: vivi il tuo essere figlia; ti sentirai veramente sposa e madre. Lo Sposo ti conferma nella figliolanza di cui ti eri dimenticata e ti rivela la fecondità a cui avevi rinunciato.

- v. 16. In Is 44,5 si dice: "Questi dirà: Io appartengo al Signore, quegli si chiamerà Giacobbe; altri scriverà sulla mano: Del Signore, e verrà designato con il nome di Israele". Si parla di adoratori che si scolpiscono il nome del Signore sul palmo della mano; adesso il tatuaggio è supposto sulle mani di Dio. Vi è ritratta tutta la città, le mura, come un piano regolatore disegnato da Dio stesso per la nuova Gerusalemme. Il profeta vede già le mura risorgere, sotto l'opera febbrile dei costruttori.

- Gerusalemme è paragonata a una giovane sposa che non rifugge dagli ornamenti. Bisogna agghindarsi bene il giorno del matrimonio, no? Questi, però, non saranno costituiti da oggetti materiali, ma dai reduci, dai figli.

- v. 18. Guardati attorno, vedi tutti questi che stanno arrivando, che si radunano, che vengono verso di te per la tua festa nuziale, perché tu sei sposa? Chi sono questi personaggi invitati alla festa di nozze? I figli di cui fosti privata ritornano. Tu protestavi perché esigevi la consolazione da parte del marito, anzi lo rimproveravi per essere stata da lui abbandonata. In realtà tu ti eri dimenticata di essere figlia e di essere madre. I figli stanno arrivando, una moltitudine immensa, tanto è vero che non c'è spazio per tutti e bisogna allargare quell'ambiente troppo ristretto. Ti lamentavi perché ti ritenevi tradita come sposa? E invece il Signore ti sta dimostrando che tu sei valorizzata come sposa in quanto sei visceralmente amata come figlia, dotata di fecondità materna. La consolazione viene dall'esperienza di quanto si dilata lo spazio dentro di te (p. Pino Stancari).

- v. Alza gli occhi e guarda. È interessante che in realtà non c'è nulla da vedere. Il profeta invita a vedere ciò che ancora non è realizzato, la strada che riconduce i reduci in patria. È ancora la dinamica della promessa, che ti invita a vedere il non ancora. Primo Mazzolari dice che la speranza vede la spiga, quando i miei occhi di carne non vedono che il seme che marcisce.

- La città, rimasta senza figli e conscia della sua sterilità, non sa spiegarsi la crescita prodigiosa dei suoi nuovi abitanti. La città usa verbi al maschile (chi generò...): è evidente una tacita attribuzione del miracolo a Dio. In 1,2 si dice: "Udite, cieli; ascolta, terra, perché il Signore dice: "Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me". Vi è un progresso: a Dio è attribuita non solo la crescita, ma anche la nascita di questi figli misteriosi.

- v. 22. Basta un semplice cenno della mano perché tutti i popoli facciano a gara nel facilitare l'afflusso in Gerusalemme. A Dio basta un cenno della mano. Fidati, Lui è l'Onnipotente. La tua vita è condotta da una mano onnipotente che non lascerà delusi quanti sperano in essa (v. 23)

RIFLESSIONE PERSONALE

- Quanti lamenti inutili nella nostra vita!?

- Su quale promessa di Dio stai fondando ora la tua vita?

- Quando il Signore è stato paziente con te?

- Sei abbastanza figlio per poter essere veramente sposo, sposa, padre o madre?

- Come Dio ti chiede di dilatare lo spazio del tuo cuore?

Sull' "Io mi ricorderò", cf. Gen 9,14-16; Es 2,24;6,5; Sal 105; 106; Ez 16,60
Sul "Ricordati, o Dio", cf. Es 32,13; Dt 9,27; Ne 1,8

- Sei consapevole dell’abbondanza del dono di Dio nella tua vita?

- In cosa ti affatichi? In ciò che c ti costruisce e costruisce o in ciò che passa?

- In quali aspetti e momenti della tua vita Dio si fa trovare?

- Quanto il tuo modo di pensare è lontano dalle vie di Dio? Quanto le tue vedute sono evangeliche?

 

 

   
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